Tasse Forfettario: Come si calcolano?

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👉 https://youtu.be/mwpzsb7XCbg

Vuoi sapere come si calcolano esattamente le tasse per una Partita IVA in regime forfettario?

In questo video te lo spiegherò in modo molto semplice e ti farò vedere come il regime forfettario è un vero e proprio paradiso fiscale italiano che permette di pagare pochissime tasse.

Ma attenzione!

C’è un inganno nascosto chiamato “effetto IVA” che potrebbe trasformare questo paradiso fiscale in un fantastico sogno o in un terribile incubo.

In alcuni casi infatti potresti guadagnare dalle tasse anziché pagarle, mentre in altri casi rischi di essere sommerso da una tassazione di oltre il 70%.

Il regime forfettario non è sempre la soluzione migliore.

Se quindi hai un P.IVA forfettaria o hai intenzione di aprirne una e vuoi sapere se per te è un’opzione conveniente, mettiti comodo e segui attentamente questo video.

Vediamo ora come si calcolano le tasse per una P.IVA in regime forfettario.

Facciamo prima una premessa.

Ho già fatto un video sul regime forfettario dove spiegavo i requisiti di accesso, i vantaggi e gli svantaggi.

In questo video invece ti spiegherò il calcolo delle tasse di un forfettario con esempi pratici e numerici.

Vediamo quindi innanzitutto che tasse paga una P.IVA forfettaria.

Paga l’INPS e l’imposta sostituiva.

Vediamo ora come si calcolano nel dettaglio.

Partiamo da una domanda: su cosa si pagano le tasse?

Quindi partiamo dalle basi di calcolo.

Solitamente in tutte le altre P.IVA la base di calcolo è l’utile reale, cioè il fatturato meno i costi realmente sostenuti, con alcuni piccoli aggiustamenti, ma nel grosso è quello.

Invece la base di calcolo del regime forfettario è molto diversa perché non è l’utile reale, non è il guadagno reale, ma un utile cosiddetto “forfettario”, perché dal fatturato non vengono tolti i costi reali che sostieni ma i costi appunto forfettari, cioè una percentuale fissa sul fatturato.

Qual è questa percentuale?

Queste percentuali variano a seconda del codice attività e vanno da un minimo del 14% a un massimo del 60% del fatturato a seconda del settore.

Quindi bisogna vedere qual è il tuo codice Ateco, quindi il tuo settore di attività (cosa fai di mestiere, cosa c’è scritto in camera di commercio) e vedere che percentuale di costo devi applicare al tuo fatturato per ottenere l’utile forfettario.

Questi costi forfettari variano dal 14% al 60% e, sottraendo i costi così calcolati, si ottiene l’Utile Forfettario:

Vediamo ora le percentuali da applicare appunto a questo Utile Forfettario.

Allora, qui variano per INPS e imposta sostitutiva.

L’INPS è circa il 25%, se vogliamo essere un po’ più pignoli è il 24% con una maggiorazione dell’1% sopra i 52.190 euro e una maggiorazione dello 0,48% che pagano solo i commercianti e non gli artigiani; però per semplicità di esposizione possiamo dire che è circa il 25%.

Invece l’imposta sostituiva, l’altra tassa da pagare oltre l’INPS, è fissa al 15%.

Quindi fino a qui non è particolarmente complicato il regime forfettario, perché si prende il fatturato, gli si applicano i costi forfettari in base al settore di attività, si trova l’utile forfettario e su questo utile forfettario si paga il 25% circa di INPS e il 15% di imposta sostitutiva.

Se fosse così sarebbe molto semplice.

In realtà è una semplificazione che ho fatto io per necessità espositive.

Adesso ti introduco una complicazione alla volta per farti capire bene i concetti.

Partiamo dalla complicazione numero uno: la base di calcolo INPS non è esattamente l’utile forfettario ma ha dei minimali e massimali aggiornati di anno in anno.

Il minimale del 2023 per l’INPS è 17.504 euro mentre il massimale è 86.983 euro per chi si è iscritto all’INPS prima del 1996 e 113.520 euro per chi si è iscritto all’INPS dal 1996 in poi.

Ciò significa che se la base di calcolo è più bassa del minimale si paga l’INPS comunque sul minimale.

Esempio: base di calcolo INPS 10.000 euro perché il tuo utile forfettario è 10.000 euro, paghi l’INPS comunque su 17.504 ossia sul minimale.

Se invece la base di calcolo è più alta del massimale si paga l’INPS comunque sul massimale.

Esempio: base di calcolo 200.000 euro, si paga l’INPS comunque sui 113.520 euro del massimale per gli iscritti dal 1996.

C’è da dire che con il solo forfettario non è possibile raggiungere il massimale, al limite potresti averlo da altre fonti, ma con il solo forfettario non è possibile raggiungere il massimale dato che il fatturato può essere massimo di 85.000 euro, quindi in nessun caso si può avere un utile forfettario superiore a quei massimali.

Poi la complicazione della base di calcolo per l’imposta sostitutiva è che non è l’utile forfettario, ma è l’utile forfettario meno l’INPS che si è pagata, quindi fatturato meno costi forfettari meno INPS pagata.

Questa è la vera base di calcolo dell’imposta sostitutiva.

Quindi abbiamo visto come si calcolano in modo preciso queste basi di calcolo.

Vediamo ora, su queste basi di calcolo, quali sono le percentuali da applicare per arrivare effettivamente alle tasse da pagare.

L’INPS per gli aderenti al regime forfettario ha un’agevolazione: è possibile richiedere una riduzione del 25% sui contributi versati; questo è un vantaggio perché la percentuale non è più del 25% circa ma del 16.25%, quindi un bel vantaggio (quasi 9 punti percentuali!).

C’è anche uno svantaggio, ovvero che si maturano meno settimane per la pensione; quindi non è indicato per chi ha pochi anni e vuole raggiungere più velocemente il minimale pensionistico.

Invece l’imposta sostitutiva anche qua ha una piccola complicazione, ma anche in questo caso è un’agevolazione: si paga il 5% e non il 15% se ricorrono due condizioni:
l’attività è nuova
rientriamo nei primi 5 anni di attività

Quindi nei primi 5 anni di attività, per una nuova attività, non si paga il 15% ma si paga il 5% (anche in questo caso un bella agevolazione).

Poi abbiamo la terza complicazione.

Qual è la terza complicazione? È che se sei un professionista i contributi in realtà cambiano.

Bisogna infatti distinguere le imprese individuali, che sono delle imprese che producono o scambiano beni e servizi, dai professionisti.

I professionisti secondo la legge sono le cosiddette attività intellettuali.

Ci sono due tipologie di professionisti:
1) professioni senza albo, tipo consulente informatico o consulente di marketing, quindi professioni libere senza obbligo di iscrizione in un albo
2) professioni protette con albo professionale, come per esempio medico, ingegnere, commercialista, avvocato ecc.

Questi professionisti, sia che siano iscritti a un albo o che non lo siano, hanno una contribuzione diversa; non pagano la classica INPS che abbiamo visto prima, ma pagano dei contributi diversi.

Che contributi pagano?

Partiamo dai professioni senza albo.

Questi pagano sempre i contributi all’INPS ma in una forma diversa, che si chiama gestione separata.

E cosa cambia rispetto ai classici contributi INPS artigiani e commercianti?

Non è possibile pagare contributi ridotti del 35%, quindi non c’è questa riduzione ma si pagano i contributi pieni. Inoltre, altra differenza, non esistono i minimali.

Quindi da un lato c’è uno svantaggio, ovvero che non puoi chiedere la riduzione, dall’altro c’è un vantaggio, ovvero che se dovessi guadagnare veramente poco, almeno la gestione separata non ha i minimali.

I professionisti senza albo quindi pagano questa INPS.

I professionisti con albo invece pagano i contributi alle cosiddette casse private.

Cosa cambia?

Ciascuna cassa ha le sue regole: la cassa avvocati ha le sue regole, la cassa commercialisti ha le sue regole e così via, quindi sarebbe veramente lungo e neanche utile stare qua e elencare tutte.

In genere quello che serve sapere è che normalmente hanno percentuali più basse rispetto all’INPS, a partire dal 12%, però dall’altro lato vanno pagate non solo sull’utile ma anche sul fatturato; c’è proprio da applicare una maggiorazione in fattura che va dal 4% al 5%.

Quindi queste erano le regole per i professionisti: hanno una contribuzione a parte di cui bisogna tenere conto, perché va a cambiare le tasse che devi pagare.

Veniamo quindi alla complicazione numero 4: l’effetto IVA.

Il regime forfettario sembra semplice ma in realtà dentro ha molte insidie.

L’effetto IVA, che in realtà è l’effetto a cui bisogna stare più attenti per la convenienza di ingresso nel regime, potrebbe essere neutro, ma potrebbe anche farti pagare molte più tasse, oppure fartene risparmiare tantissime.

Quindi va assolutamente valutato per capire se conviene o no il forfettario.

Allora, piccola premessa: l’IVA in genere è neutra per le P.IVA ordinarie; è neutra perché quando compri te la scarichi e quando la applichi non sono tuoi i soldi ma devi versarli allo Stato.

Invece il forfettario non scarica l’IVA sugli acquisti, per cui l’IVA sugli acquisti per il forfettario è un costo secco.

Dall’altro lato, non applichi l’IVA sulle vendite, quindi se vendi qualcosa a 100 euro non lo vendi a 100 + 22 di IVA (122) ma a 100 e basta, o potresti fare direttamente 122 se vendi a un privato.

Vediamo l’effetto che produce.

L’effetto è che quando compri perdi l’IVA e hai una perdita secca: se tu compri qualcosa a 100 + 22 di IVA (122 euro), quei 22 euro li hai persi, perché se fossi stato nel regime IVA normale non sarebbe stato un costo per te.

Invece nel forfettario li devi tirare fuori.

In più, dall’altro lato, guadagni l’IVA quando vendi ai privati.

Perché ai privati?

Perché le aziende se la scaricano.

Quindi applicare o non applicare l’IVA a un’azienda non cambia niente, invece non applicare l’IVA a un privato vuol dire guadagnare tutta l’IVA.

Nell’esempio di prima, vendi una cosa a 100 + 22 di IVA, cioè a 122 euro, puoi fare direttamente il prezzo di 122 euro e ti intaschi 22 di IVA.

Questo è un effetto micidiale per chi lavora con i privati e bisogna tenerne conto quando si applicano le tasse da pagare, perché rientra di fatto nella pressione fiscale.

Il regime forfettario paga quindi INPS e imposta sostitutiva + l’IVA che perdi sugli acquisti – l’IVA che guadagni sulle vendite ai privati.

Vediamo quindi adesso tre distinti esempi di tre casistiche differenziate per vedere appunto come il forfettario potrebbe essere a seconda dei casi:
1) un regime che paga poche tasse
2) un regime che paga pochissimo, talmente poco che ci guadagni e, invece di versare tasse, lo Stato ti da più soldi di quelli che gli versi
3) un regime dove paghi una quantità enorme di tasse, oltre il 70%, per cui il forfettario non sarebbe assolutamente conveniente.

Ma andiamo con ordine.

Negli esempi che faremo ci sono pressioni fiscali molto diverse, come vi dicevo da un massimo di 70,6% a un minimo -8,5%, dove addirittura ci guadagno l’8,5%.

Ma quali sono questi fattori che incidono sulla pressione fiscale a tal punto da pagare tasse così diverse?

Innanzitutto, la prima cosa da vedere è se è una nuova attività, perché una nuova attività paga il 5% anziché il 15%.

Una seconda cosa da vedere sono i tuoi costi effettivi contro i costi forfettari del tuo settore di attività, cioè dato che le tasse non si pagano sull’utile effettivo ma si pagano sull’utile determinato dai costi forfettari, il fatto che tu abbia più o meno costi rispetto a quelli che ti riconosce lo Stato, cambia la tua pressione fiscale.

E infine, come detto prima, dobbiamo monitorare l’effetto IVA, cioè si guadagna l’IVA su quello che fatturiamo ai privati e si perde l’IVA su tutti gli acquisti.

Partiamo dal primo esempio.

Ho preso come primo caso di studio il muratore 50enne che presta manodopera a società immobiliari.

Vediamo quindi quali sono i dati di partenza.

Allora, nuova attività? No, Il muratore cinquantenne è un po’ che lavora, quindi l’imposta sostitutiva è il 15%.

Qual è la percentuale dei costi forfettari?

In questo specifico settore di attività, l’attività immobiliare di un muratore, sono il 14% e quindi la cosiddetta percentuale di redditività è dell’86%.

Ogni 100 di fatturato paga tasse su 86, perché 14 ti vengono riconosciuti come costi.

Come fatturato prendiamo 60.000 euro, di cui fatturato ai privati 0 (fatturo tutto a società immobiliari) e i costi reali che sostieni sono molto pochi, perché il grosso li sostiene la società presso cui lavora; ipotizziamo che sono 2.000 euro di costi di cui tutti i 2.000 sono costi con IVA.

Posto che ho questi dati iniziali, veniamo al calcolo specifico delle tasse con i numeri.

Partiamo dall’INPS.

Qual è la base di calcolo? La base di calcolo è il fatturato, che abbiamo detto è 60.000, a cui dobbiamo andare a sottrarre il 14% dei costi; quindi applichiamo la percentuale di redditività dell’86% e otteniamo una base di calcolo di 51.600 euro.

A questa base di calcolo devo applicare, perché ho deciso di avvalermene la riduzione del 35%, quindi la base di calcolo di 51.600 euro viene ridotta di 18.060 e otteniamo una base di calcolo media di 33.540 euro.

Quindi l’INPS da pagare è 8.050 euro.

Vediamo adesso l’imposta sostitutiva.

La base di calcolo è sempre fatturato per percentuale di redditività, quindi 60.000 per 86% fa 51.600 euro, meno l’INPS pagata che abbiamo detto è 8.050 euro, e quindi la base di calcolo dell’imposta sostitutiva è 43.550 euro.

L’imposta totale è il 15% quindi è uguale a 6.533 euro.

Infine dobbiamo considerare i guadagni e le perdite IVA.

L’IVA guadagnata sui fatturati privati è 0, perché tutto il fatturato è su aziende.

L’IVA persa sugli acquisti è il 22% dei 2000 euro di costi che ho, quindi perdo 440 euro di IVA che non posso scaricare.

Quindi riepilogando, per questo muratore la pressione fiscale, la somma delle tasse da pagare e dell’effetto IVA, sono:

INPS: 8050 euro
Imposta sostitutiva: 6533 euro
IVA persa: 440 euro
Totale da pagare: 15.023 euro

L’utile reale era 60.000 euro – 2000 euro dei costi reali, quindi l’utile reale era 58.000 euro.

Quindi se rapporto quello che pago su quello che ho guadagnato la pressione fiscale è del 25,9%.

Quindi un importo di tasse molto basso se pensi che mediamente una ditta individuale può pagare anche oltre il 50%, mentre qui pagheremo il 25% quindi molto meno rispetto a una ditta individuale.
Prendiamo un secondo esempio, l’esempio di un giovane barbiere e qui vedremo che l’effetto IVA è molto, molto importante.

Vediamo i dati.

Nuova attività? Sì, ha appena iniziato l’attività e quindi imposta sostitutiva 5%.

Qual è la percentuale di redditività? È il 67%, quindi ogni 100 euro di fatturato viene considerato 67 euro di utile forfettario.

Come fatturato abbiamo sempre 60.000 euro di cui fatturato ai privati TUTTO, sono tutti fatturati ai privati (in realtà non ci sono neanche le fatture ma gli scontrini, ma comunque ci siamo capiti).

Quali sono i costi reali di questo giovane barbiere? 10.000 euro di cui costi con iva 4.000, perché ipotizziamo che magari 6.000 euro l’anno vanno per l’affitto del locale in cui esercita e sono pagati a un privato e quindi non c’è sopra l’IVA.

Veniamo quindi con questi dati al calcolo delle tasse.

Qual è la base di calcolo INPS? Fatturato di 60.000 per 67% (percentuale di redditività) è uguale a 40.200 euro, meno la riduzione del 35% pari a 14.070 euro, viene una base di calcolo di 26.130 euro.

INPS da pagare quindi 6.397 euro.

Per quanto riguarda l’imposta sostitutiva invece la base di calcolo qual è?
Sempre fatturato di 60.000 euro per la percentuale forfettaria del 67% uguale 40.200 euro, meno l’INPS pagata di 6397 euro, otteniamo 33.803 euro di base di calcolo dell’imposta sostitutiva.

In questo caso l’imposta sostitutiva da pagare è del 5%, quindi è pari a 1.690 euro.

Infine veniamo al cosiddetto effetto IVA.

Allora partiamo dall’IVA guadagnata sulle vendite ai privati.

Le vendite ai privati sono tutte, quindi l’intero fatturato di 60.000 euro.

60.000 per 22% ci da un guadagno di ben 13.200 euro di IVA non pagata allo Stato.

L’IVA invece persa sugli acquisti è data dai costi con IVA, che erano solo 4.000 euro, per il 22%, ovvero 880 euro di perdita.

Tutto l’effetto IVA quindi, se facciamo 13.200 euro meno 880 euro, ammonta a 12.320 euro che è una cifra veramente, veramente enorme.

Veniamo ora alla pressione fiscale.

Il totale tasse pagate + l’effetto IVA è dato da INPS 6397 euro + imposta sostitutiva 1.690 euro – il netto IVA guadagnata 12320, per un totale da pagare di…in realtà non c’è niente da pagare ma si guadagna 4.233 euro!

Qual è l’utile reale? L’utile reale è 60.000 meno i costi reali di 10.000 euro, ovvero abbiamo 50.000 euro di utile reale.

Quindi la pressione fiscale, che fa ridere qua perché è sotto zero, se rapporto quello che ho pagato in tasse rispetto al mio utile vado appunto a -8,5%; invece di pagare le tasse è lo stato che paga le tasse a me.

Per una volta si inverte il discorso e anche se ho messo in fila le cose per arrivare a questo effetto paradossale, effettivamente può capitare.

Uno che ha una nuova attività, richiede la riduzione INPS e in più guadagna dall’effetto IVA perché ha molte vendite ai privati e pochi costi con IVA, va incontro addirittura a una tassazione negativa, dove lo Stato mi da indietro i soldi.

Vediamo invece, come terzo e ultimo esempio, il caso opposto, ovvero quello di un elettricista quarantenne che lavora solo con aziende e acquista molto materiale.
Un caso che mostra come il forfettario non sia sempre conveniente e possa trasformarsi in un vero e proprio inferno fiscale.
Stavolta ho messo in fila le cose in modo tale che l’effetto IVA fosse pesante, per fare in modo che non guadagnassi tanto ma che perdessi tanto.

In questo esempio abbiamo quindi un elettricista quarantenne che lavora solo con aziende e acquista molto materiale.

Partiamo dai dati.

È una nuova attività? No, quindi imposta sostitutiva del 15%.

Qual è la percentuale di redditività?

Siamo sempre nel settore immobiliare quindi 86%.

Il fatturato quant’è? 80.000 euro di cui fatturato ai privati 0.

I costi reali sono 40.000, di cui costi con IVA tutti e 40.000 euro.

Veniamo al calcolo concreto delle tasse.

Partiamo dall’INPS: qual è la base di calcolo INPS?

Fatturato 80.000 per 86%, abbiamo 68.800 euro meno la riduzione del 35% di 24.080 euro, abbiamo una base di calcolo INPS di 44.720 euro.

Quindi l’INPS da pagare sarà 10.733 euro.

Per quanto riguarda l’imposta sostitutiva, la base di calcolo è sempre 80.000 per 86% ovvero 68.800 euro, meno l’INPS pagata di 10.733 euro, arriviamo a una base di calcolo netta di 58.067 euro.

Applichiamo l’imposta sostitutiva del 15% e abbiamo 8.710 euro di imposta sostitutiva da pagare.

Vediamo infine guadagni e perdite IVA.

L’IVA guadagnata sul fatturato ai privati è 0, mentre l’IVA persa sugli acquisti è 40.000 per 22% ovvero 8.800 euro.

Quindi oltre a quello che già pago si perde anche 8.800 euro di IVA.

Veniamo quindi alla pressione fiscale sommando tasse da pagare e effetto IVA:
INPS: 10.733 euro
Imposta sostitutiva: 8.710 euro
IVA persa: 8.800 euro
Quindi totale da pagare: 28.243 euro.
Qual è l’utile reale? È dato dal fatturato di 80.000 euro meno i costi reali di 40.000 euro, quindi l’utile reale è 40.000.

Fatti questi calcoli, la pressione fiscale di 28.243 euro su 40.000 euro di guadagno è esattamente il 70,6%.

Quindi in questo caso il paradiso fiscale si è trasformato in un vero e proprio inferno fiscale!

In questo caso non conviene assolutamente avere il regime forfettario.

Veniamo quindi alle conclusioni.

Il forfettario è un paradiso fiscale da sfruttare tutte le volte che si può, ma attenzione ai requisiti di accesso (non tutti possono entrarci) e all’effetto IVA che potrebbe rendere il paradiso fiscale o un mega-super-paradiso dove addirittura guadagni dalle tasse, oppure un inferno fiscale dove paghi oltre il 70% di tasse.

Quindi non sempre il regime forfettario è conveniente, ma bisogna sempre fare bene i calcoli.

Al momento è tutto.

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Grazie per la lettura e a presto!

Claudio Cerutti
Dottore Commercialista
Fondatore di Numerium: Numeri e tasse spiegati in modo semplice