Tasse Ditte Individuali: Come si calcolano

Puoi guardare il video su YouTube cliccando su questo link:

👉 https://youtu.be/VU1N3axqYWs

 

Ti sei mai chiesto come si calcolano le tasse di una ditta individuale?

Ti sembra un argomento troppo complicato?

Ti sbagli.

In questo articolo ti mostrerò in modo chiaro e semplice come funziona il sistema fiscale italiano per le ditte individuali e quali sono le opportunità e i rischi che comporta.

Scoprirai che con le ditte individuali pagherai tasse crescenti al crescere dei tuoi guadagni e che non puoi farci nulla se non fuggire dalla ditta individuale.

Infatti la ditta individuale può essere conveniente se guadagni poco, ma diventa una trappola se guadagni molto.

Come fare allora a capire quando è il momento di cambiare forma giuridica e passare a una Sas o meglio ancora a una Srl?

Partiamo da quali tasse paga la ditta individuale.

In realtà paga due tipologie di tasse.

La prima è l’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, e l’altra è l’INPS, ovvero i contributi INPS per la pensione.

La ditta individuale non paga invece l’IRAP perché l’IRAP per le ditte individuali è stata abolita a partire dal 2022.

In teoria è prevista l’abolizione anche per le altre, ma al momento la ditta individuale è l’unica forma che non paga l’IRAP. Le altre forme, come Snc, Sas, Srl, Spa e così via, pagano tutte quante l’IRAP.

Quindi ci sono solo due cose da pagare: IRPEF e INPS.

Vediamo su cosa si pagano le tasse.

Le tasse chiaramente si pagano sull’utile, su quanto guadagni.

Quindi come si calcola l’utile?

Banalmente l’utile si paga sul tuo fatturato meno i costi.

Quindi Fatturato – Costi = Utile.

Su quell’utile ci paghi le tue tasse, ovvero IRPEF e INPS.

E fino a qui direi che è anche abbastanza semplice.

Vediamo ora di introdurre, una per volta, le complicazioni.

 

Complicazione 1: le percentuali da pagare.

Partiamo dalle percentuali INPS. Su cosa si paga l’INPS?

In realtà la percentuale INPS è abbastanza semplice, perché la percentuale è grosso modo del 25%.

Per la precisione è il 24% maggiorata dell’1% sopra i 52.190 euro, e i commercianti rispetto agli artigiani hanno una maggiorazione dello 0,48%.

Però grosso modo possiamo dire che è intorno al 25%.

Quindi le percentuali INPS in realtà sono abbastanza semplici.

Veniamo invece all’IRPEF.

L’IRPEF è un po’ più complicata perché la percentuale dell’IRPEF non è fissa ma è a scaglioni, che vanno dal 23% al 43% sulla base chiaramente di dove ti posizioni con il tuo reddito.

In più ci sono percentuali aggiuntive locali.

Quali sono queste percentuali aggiuntive locali?

Sono l’addizionale regionale che normalmente è dell’1,23%

Però le singole regioni possono alzarla fino addirittura al 3,33% o addirittura prevedere importi a scaglioni con esenzioni.

Poi c’è l’addizionale comunale e questa qua massimo raggiunge lo 0,8 (0,9 per Roma).

Quindi oltre all’IRPEF a scaglioni ci sono anche da considerare le addizionali comunali e regionali.

Facciamo un esempio concreto per capirci.

Poniamo che tu abbia un utile di 60.000 euro.

Su questi 60.000 euro cosa dovrai pagare?

Chiaramente sui primi 15.000 euro sei sul primo scaglione del 23%.

Invece finisci sul secondo scaglione per l’importo che va dai 15.000 ai 28.000 con il 25%.

Per l’importo che invece va oltre i 28.000 e fino ai 50.000 si paga il 35% ( qua cominciano a bastonare).

Infine oltre i 50.000, quindi nel nostro esempio dai 50.000 ai 60.000, si paga la percentuale massima che è del 43%.

In più devi pagare addizionali locali che per semplicità facciamo finta che, tra addizionale regionale e addizionale comunale, sia circa il 2%. Quindi paghi il 2% su tutti i 60.000.

Quindi in questo mio esempio il totale IRPEF e addizionali da pagare su un utile di 60.000 sono 19.900 euro.

Veniamo ora alla seconda complicazione.

Complicazione Numero 2: le basi di calcolo.

Le basi di calcolo sono distinte per l’INPS e per l’IRPEF (complicazione delle complicazioni).

Partiamo dalla base di calcolo INPS.

La base di calcolo abbiamo detto che era l’utile e che le tasse si pagavano sull’utile.

In realtà non è esattamente così.

Si pagano sull’utile più i costi che non si scaricano.

Quali sono i costi che non si scariano?

Ce ne sono diversi. In realtà alcuni esempi possono essere l’80% delle autovetture che usi anche personalmente, il 20% delle spese telefoniche, il 25% delle trasferte dell’imprenditore, i costi in generale che non riguardano l’azienda e così via. Questi sono alcuni esempi.

Non solo l’utile va aumentato dei costi che non si scaricano ma devi anche togliere i ricavi che non si tassano.

Stavolta ce ne sono di meno, però c’è un esempio abbastanza importante negli ultimi anni che sono i contributi pubblici per il COVID. Lo Stato ti riconosce un contributo e non è che poi ci vuole anche le tasse sopra, per cui quei contributi alzano chiaramente il tuo utile ma poi, quando vai a calcolare le tasse, li devi togliere. Quindi vanno ad abbassare la base di calcolo delle tasse.

Quindi in realtà la base di calcolo INPS è: Utile + Costi che non si scaricano – Ricavi che non si tassano

Questo è il discorso della base di calcolo.

Poi c’è un’altra particolarità dell’INPS, ovvero che c’è un minimale e un massimale.

Cosa vuol dire questo?

Significa che la base di calcolo INPS ha un importo minimale e un massimale che cambiano di anno in anno.

Il minimale per il 2023 è di 17.504 euro.

Significa che se il tuo utile è più basso di 17.504 euro paghi le tasse comunque sui 17.504 euro.

Poi c’è anche un massimale che per il 2023 è 86.973 euro se hai iniziato a lavorare prima del 96 ed è invece di 113.520 per tutti gli altri che si sono iscritti all’INPS a partire dal 96.

Quindi è chiaro come funziona questo meccanismo?

Se la base di calcolo (quindi il tuo utile + costi che non si scaricano – ricavi che non si tassano) è più bassa del minimale, l’INPS la paghi comunque sul minimale.

Quindi se per esempio la base di calcolo INPS è di 10.000 euro, l’INPS la paghi comunque su 17.504 euro.

Invece se la base di calcolo è più alta del massimale, l’INPS la paghi comunque sul massimale.

Quindi, ad esempio, se la tua base di calcolo INPS è di 200.000 euro, cioè hai fatto un utile tenuto conto dei costi che non si scaricano e dei ricavi che non si tassano di 200.000 euro, l’INPS la paghi comunque sui 113.520 e la parte superiore chiaramente non viene assoggettata a INPS.

Tutto quanto detto vale per l’INPS.

Veniamo adesso alle basi di calcolo IRPEF.

Anche qui c’è una similitudine forte con l’INPS, perlomeno per la prima parte ovvero che la base di calcolo è sempre utile + costi che non si scaricano – ricavi che non si tassano, esattamente come per l’INPS.

Su questo pezzo, INPS e IRPEF sono due tasse gemelle.

Invece vediamo adesso le differenze.

Nell’IRPEF entra in gioco la sfera personale.

Cosa intendo?

Intendo dire che l’IRPEF è un grande calderone dove entrano anche altri redditi personali che, se fanno alzare di scaglione, fanno alzare anche la percentuale da pagare.

Se ad esempio tu hai un reddito per affitti con cedolare secca, un reddito da lavoro dipendente o magari la pensione, quel reddito lì finisce comunque nell’unico calderone IRPEF e potrebbe farti passare scaglione facendoti di conseguenza aumentare la percentuale da pagare.

Quindi nella sfera personale entrano in più altri redditi, ma ci sono anche componenti che invece fanno abbassare le tasse come le spese personali scaricabili tra le quali ricordiamo gli interessi sul mutuo dell’abitazione principale, le spese mediche, le ristrutturazioni edilizie sulla casa ecc.

Tutte queste componenti che fanno abbassare le tasse sono tutte componenti che non riguardano l’azienda ma riguardano invece la sfera personale ed entrano comunque in gioco nell’IRPEF.

Non c’è un IRPEF della ditta individuale, c’è un IRPEF della persona che comprende la sfera aziendale, quindi la ditta individuale, più tutte le componenti personali, sia altri redditi sia altre eventuali spese.

Nota bene! Tra le varie spese che si possono scaricare c’è anche l’INPS.

Quindi l’INPS è vero che è una tassa (sarebbe meglio dire un contributo obbligatorio che sei obbligato a pagare) ma è anche vero che te la puoi scaricare dall’IRPEF.

Quindi nel mio esempio di prima dove l’utile, la base di calcolo delle tasse, era 60.000 euro e l’INPS da pagare su quei 60.000 era di 14.478 (quindi circa il 25%), l’IRPEF da pagare non andrà pagata sui 60.000 ma sui 60.000 euro meno i 14.478 di INPS, ovvero su 45.522.

In più, ovviamente, a questo si vanno aggiungere altri redditi e altre spese, ma ipotizzando di non avere altri redditi o altre spese della sfera personale, l’IRPEF non la paghi sui 60.000 ma su 60.000 meno l’INPS che hai pagato.

Quindi questa è una buona agevolazione.

Il fatto che l’INPS abbia una percentuale anche abbastanza elevata da pagare, ma che poi te la puoi scaricare dall’IRPEF, veramente buona agevolazione.

E con la seconda complicazione delle basi di calcolo è tutto.

Veniamo alla terza e ultima complicazione.

Complicazione numero 3: i contributi professionisti.

Se sei un professionista i contributi cambiano.

Cosa intendo?

Finora abbiamo parlato di INPS che riguarda il mondo artigiani e commercianti, ossia l’INPS che devono pagare tutte le ditte individuali iscritte in camera di commercio tranne i professionisti, che invece hanno regole particolari.

Andiamo a vedere questa distinzione tra le due tipologie di Partita IVA individuali.

La prima tipologia sono appunto le imprese individuali, quelle iscritte in camera di commercio il cui scopo è produrre o scambiare beni e servizi.

Queste qui pagano l’INPS artigiani/commercianti.

Invece il nostro codice civile distingue i professionisti dalle ditte individuali.

Cosa sono?

Sono attività intellettuali e ne abbiamo di due grandi tipologie.

La prima tipologia sono quelli con albo professionale come ad esempio l’avvocato, il commercialista, l’ingegnere, il medico e così via.

Quindi tutti quei professionisti che hanno un albo, ovvero quelle professioni per esercitare le quali è necessaria l’iscrizione a un albo obbligatorio.

Questi professionisti pagano i contributi alle loro specifiche casse professionali.

Gli avvocati pagheranno i contributi alla cassa avvocati, i commercialisti alla loro cassa commercialisti e così via.

Poi ci sono anche i professionisti senza albo professionale come il consulente di marketing, il consulente informatico, dove per esercitare queste professioni non c’è l’obbligo di superare l’esame di stato e iscriversi a un albo professionale.

Diciamo che sono “professioni libere” perché chiunque, essendo anche autodidatta, può fare il consulente di marketing, il consulente informatico e così via.

Queste professioni che sono senza albo pagano i contributi INPS, ma non quelli artigiani e commercianti ma alla gestione cosiddetta separata.

È sempre INPS ma è un INPS un po’ diversa.

Vediamo come funziona velocemente l’INPS gestione separata.

È uguale all’INPS artigiani e commercianti con un paio di differenze.

La prima differenza è che non c’è un minimale, quindi se hai un utile di 1.000 euro paghi INPS gestione separata su 1.000 euro e non su 17.504 che è il minimale INPS artigiani e commercianti.

Quindi nell’INPS gestione separata per i professionisti senza albo non c’è un minimale, paghi l’INPS sempre e solo su quello che guadagni.

C’è però il massimale.

Poi la percentuale è leggermente diversa, leggermente più alta: si paga il 26,23% rispetto al 25% (poco più di un punto percentuale).

Il vero vantaggio quindi è che non c’è il minimale,

Invece come funzionano i contributi alle casse professionali?

Ciascuna cassa ha le sue regole, quindi non sto qua a elencarle tutte perché sarebbe una cosa infinita.

Vediamo solo velocemente un paio di differenze importanti.

In generale la percentuale da pagare sull’utile è più bassa.

Se l’inps è 25%/26% a seconda che sia INPS artigiani e commercianti o INPS in gestione separata, per le casse professionali la percentuale è più bassa.

Partono da un minimo di 12% e crescono via via a seconda del tipo di cassa.

Però capisci bene che pagare il 12% rispetto al 25%/26% è meno della metà.

Quindi le casse professionali sono più vantaggiose.

Però hanno anche uno svantaggio: per le casse professionali è prevista una percentuale da applicare sul fatturato, che di solito va tra il 4% e il 5%.

Hai capito bene, SUL FATTURATO!

Quindi le casse professionali hanno una percentuale che va calcolata sull’utile come l’INPS, e questa percentuale come abbiamo visto è più bassa, ma in più hanno una percentuale sul fatturato che va dal 4% al 5%.

Quindi pro e contro.

Queste casse professionali hanno ciascuna le loro regole.

Anche lì ci sono dei minimali, che non posso in questo video elencare tutti, ma sappi comunque che se sei un professionista non pagherai INPS artigiani e commercianti ma pagherai INPS gestione separata se sei senza albo, mentre se invece sei con albo professionale pagherai i contributi alla tua cassa e non dovrai pagare l’INPS.

Detto questo, finite le complicazioni, andiamo infine a vedere quello che in realtà conta per una corretta pianificazione fiscale, ossia la scienza per pagare meno tasse in assoluto.

 

Strategie di Pianificazione Fiscale per la tua Ditta Individuale

La ditta individuale paga tasse che vanno mediamente da un minimo del 38% su un utile di 17.500 euro a un massimo del 52,2% con 113.500 euro di utile.

Quindi quando ti posizioni al minimo dell’INPS paghi il minimo, quando ti posizioni al massimo dell’INPS paghi il massimo.

Qual è il problema?

Il problema è che, con la ditta individuale, non puoi fare nulla di pianificazione fiscale.

Con Snc e Sas qualcosa si può fare. Con le Srl si possono fare moltissime cose.

Con la ditta individuale invece non puoi fare niente di niente.

Puoi solo dire “resto ditta individuale o me ne vado via”.

Non puoi fare nulla di pianificazione e quindi l’unica decisione è cambi o no, resti nella ditta individuale o no.

Quindi vediamo cosa puoi fare in concreto se hai una ditta individuale.

Prima di tutto se sei ditta individuale devi cercare di entrare nel forfettario quando possibile.

Ho fatto uno specifico video sul forfettario parlando dei requisiti di accesso e di tutti i vantaggi che ha.

Sappi che il forfettario è un vero e proprio paradiso fiscale italiano per cui, quando ricorrono i requisiti e purtroppo non sempre è così, conviene assolutamente entrare nel regime forfettario.

Se invece non riesci ad entrare nel regime forfettario perchè non hai i requisiti allora cosa puoi fare?

Puoi certamente restare con la ditta individuale, ma massimo entro i 28.000 euro di base imponibile IRPEF.

Questo perché?

Perché oltre i 28.000 euro gli scaglioni IRPEF cominciano a bastonarti, e passano dal 25% al 35%.

Quindi conviene andarsene.

Se invece sei entro i 28.000 euro di base imponibile IRPEF, tenuto conto chiaramente di tutta la sfera personale e quindi non solo della ditta individuale, alla fine conviene.

È vero che il 38% (o anche qualcosina di più) magari non è ottimale visto che con le Srl si può pagare anche il 32% o anche meno (ho fatto un video specifico sulla Srl dove vi faccio vedere come si può facilmente arrivare a pagare il 32% di tasse ma anche meno, in alcuni casi sono riuscito ad ottenere una tassazione al di sotto del 20%),

È anche vero però che se con un utile di 25.000 euro decidi di passare dalla ditta individuale a una Srl, riesci sicuramente ad abbassare la percentuale di tasse ma tutto il risparmio fiscale se lo “mangia” con interessi il commercialista per maggiori costi di tenuta della contabilità.

Capisci bene che se i risparmi che hai dalle tasse li dai al commercialista maggiorati, non ha molto senso.

Quindi con la ditta individuale, avendo bassi costi di gestione, anche se paghi una percentuale di tasse un pochino più alta va bene.

Chiaramente ricordati questo grande limite dei 28.000.

Quando sfori di un po’, per esempio se è 28.100 euro, non è un problema, ma se cominci a fare diverse migliaia di euro in più oltre i 28.000 euro di reddito IRPEF devi iniziare a valutare di andare su forme giuridiche un po’ più pesanti dal punto di vista amministrativo, che però ti consentono di fare una pianificazione fiscale e ti consentono di risparmiare tasse.

Quindi se vai oltre i 28.000 euro di reddito imponibile IRPEF, quello che ti consiglio io è di passare a una Sas o Srl che pagano tra il 32% e il 35% di tasse, anche con una pianificazione fiscale light se usata bene.

Questo perché in realtà, se usate male, pagano come la ditta individuale o anche di più, e chiaramente hanno anche più costi amministrativi.

Ma quando il tuo reddito inizia a diventare più alto, il risparmio che hai delle tasse riesce a finanziarti i maggiori costi che devi pagare al commercialista e ti restano anche degli altri soldi in tasca.

Quindi i maggiori costi amministrativi sono finanziati dal fatto che risparmi le tasse.

Per questo motivo il reddito dev’essere di un certo livello, ovvero più di 28.000 euro, perché se hai 20.000 euro di guadagno non ti conviene allontanarti dalla ditta individuale.

Altra possibilità che hai a partire da quest’anno, dal 2023, è che l’anno che sfori, quindi l’anno che ti accorgi che vai fuori, tra le altre cose puoi optare per la cosiddetta flat tax incrementale.

Qual è il vantaggio di questa flat tax?

Il vantaggio è che paghi solo il 15%, quindi paghi una flat tax, una tassa piatta del 15% (e non del 43% o 35% e così via) sull’eccesso del reddito rispetto agli ultimi tre anni.

Quindi si prende il massimo reddito degli ultimi tre anni rispetto all’utile dell’ultimo anno, si fa la differenza e su quella differenza paghi solo il 15%.

Esempio: se negli ultimi 3 anni l’utile massimo era magari 25.000 euro e quest’anno hai fatto 45.000 euro, si fa 45.000 – 25.000 = 20.000 euro.

Poi c’è anche una franchigia del 5%, ma per semplificare tralasceremo questo dettaglio.

Su questo maggior valore di 20.000 euro puoi optare per la flat tax incrementale e pagare il 15%.

Quindi chiaramente fai quell’opzione l’anno che sfori e poi te ne fuggi dalla ditta individuale, a meno che non ci sia stato un utile eccezionale.

Ma se continui a guadagnare per esempio 45.000 euro, quell’anno che sfori vai sulla flat tax incrementale e poi dopo, gli anni successivi, ti attrezzi e passi a una Sas o una Srl a seconda dei casi.

Chiaramente questa cosa della flat tax incrementale, che peraltro nelle proposte di riforma sembra voler essere confermata e anzi potenziata, ha un grosso vantaggio ai fini IRPEF ma l’INPS purtroppo rimane invariata.

Quindi l’anno che sfori l’utile più alto puoi, con questa strategia di emergenza, ridurre l’IRPEF da pagare.

L’INPS invece rimane tale e quale, su quello non si può fare nulla.

Al momento è tutto.

 

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Noi ci vediamo nei prossimi video.

Claudio Cerutti

Dottore Commercialista

Fondatore di Numerium: Numeri e tasse spiegati in modo semplice